Il film narra di Cady (Lindsay Lohan) che ha vissuto con i genitori in Africa fino a 16 anni ed è stata educata dai genitori (visto che notoriamente in Africa le scuole non esistono e ad esempio i figli dei diplomatici o dei direttori delle monoculture vengono di solito educati dal Marabu) e si ritrova per la prima volta a dover andare in una scuola, bello spunto non c'è nulla da dire, pregievole soprattutto la rapida carrellata su cosa sono di solito i ragazzi che vengono educati a casa.
La tizia arriva in un liceo assolutamente non stereotipato, in cui i ragazzi sono tutti superimbecilli a parte alcuni super nerd, ma mancano i giocatori di football (anche i film da high school non sono più quelli di una volta), le tizie sono tutte ürendamente deformi fatta eccezione per le asiatiche super maiale (si noti bene che gli aisatici parlano tra di loro una non meglio menzionata lingua che, ma mica sarà che cinesi, giapponesi e vietnamiti oltre a non parlare l'inglese si sono inventati una lingua differente ciascuno, no?) e per le super barbies protagoniste del film.
Cady, che passerà buona parte del film a rompere le palle perché la gente storpia il suo nome, arriva a scuola e tutti sono un po' aggressivi e cacacazzo, ma a breve riesce comunque a fare amicizia con Janis una disadattata un po' alterna ma non troppo e con Damian il suo migliore amico sedicente checcone (too gay too work) da competizione, i quali la introducono all'odio verso le super barbies maialesche della high school.
Cady in modo più o meno casuale fa amicizia con le barbie, capitanate da Regina (Rachel Mc Adams) e comincia ad andare in giro con loro con il fine di fare l'undercover e rivelare ai suoi amici alterna i più reconditi segreti delle cosiddette "plastics".
In modo praticamente subitaneo si accorge che malgrado le plastics siano delle petecche da competizione è molto più divertente fare shopping con loro che andare agli alternativodromi a discutere di Sartre e bere il tè alla cannella e quindi
ben presto diventa super plasticosa anche lei.
L'idillio si rompe quando Regina dopo aver promesso di mettere una buona parola per lei con Aaron il suo exfidanzato
gli racconta un sacco di balle dicendo che Cady a furia di stare in Africa le hanno infibulato il cervello è che é diventata una sorta di pazza stalker perseguitatrice e poi gli srotola tre chilometri di lingua
dell'amore in bocca.
Per Aaron che non è né rincretinito né ipovedente è un no brainer, Regina è molto più fit e molto più massive di Cady e non si pone neanche il problema che quest'ultima a casa pratichi il voodoo, è meno fit e basta.
Cady decide di vendicarsi, distrugge l'immagine pubblica di Regina dandole delle barre iperenergetiche che la fanno ingrassare di 7 microgrammi ma tutti nella scuola cominciano a prenderla in giro come se fosse una pseudo balenottera ambulante, allorquando visivamente resta una sorta di anoressica prestata alla pornografia, e nel contempo si trasforma nel peggiore degli esseri abbietti.
Poi la redenzione, il finale tutti felici e contenti con limonatio etnica che fa tutti felici e il buonismo dilagante, tutti belli ricchi e contenti come è di dovere ma anche con un cuore d'oro, una specie di MTV Cribs incontra Dismissed vs. The fabulous life of an usual superfit Blonde in un certo qual senso, roba davvero ottima, ti fa uscire soddisfatto dalla visione.
Più seriamente (see uno ne ha voglia davanti a tale opera) il film è di per sé scemissimo ma scritto in modo abbastanza brillante e simpatico, non politically correct, un po' cinico ma cmq buonista (sua pecca maggiore), critica bugiardissima alla superficialità della società dell'immagine di cui in realtà è portabandiera, ma con il cervello lavato da anni di bombardamento subliminale da parte della pubblicità sottoscrivo pienamente, avrebbe potuto essere più hardcore demenziale ma va bene anche così, non darà molto ma non chiede neanche tanto in cambio : )
lunedì, agosto 30, 2004
mercoledì, agosto 04, 2004
I, Robot
I, Robot non centra niente con I, Robot, il che non è necessariamente male perché I, Robot era una palla micidiale, a pensarci bene Asimov è di per sé spesso e volentieri mortalmente noioso, e affermo questo dopo essermi sorbito la sua opera completa, I, Robot era una raccolta di raccontini che parlava dei problemi psicologici dei robot confrontati a situazione che di solito vertevano su aspetti cavillosi delle tre leggi della robotica.
C'è tutto un ciclo di romanzi dedicati ai robot che invero sono forse la parte più divertente della monumentale opera che va (a volte con soluzioni di continuità un po' tirate per i capelli, diciamolo) da abissi d'acciaio (vero e proprio cyberpunk ante litteram) a fondazione e terra (con l'aggiunta dei vari preludi e anno zero visto che il finale new age di fondazione e terra non lasciava spazio ad ulteriori sviluppi), ad un tratto Asimov si sbarazza dei robot e rompe le palle all'inverosimile con le fondazioni, ma questa è un'altra vicenda.
Due sono essenzialmente le intuizioni/idee/fili conduttori di Asimov in questa sua fantastoriografia della galassia, le tre leggi del cervello positronico, e l'ineluttabile decadenza delle società che hanno risolto tutti i problemi pratici (decadenza "morale" per gli spaziali e dei loro utopici pianeti del ciclo dei robot, decadenza tecnologica per gli uomini del ciclo dell'impero, quest'ultima dovuta ad una tecnica troppo perfezionata che ha fatto in modo si costruissero macchinari capaci di funzionare senza intoppi per millenni e quando infine gli intoppi sono giunti nessuno era più in grado di ripararli), I, Robot parla delle leggi della robotica, o meglio I, Robot raccolta di racconti, perché I, Robot film non ne parla affatto.
Uno dei fondamenti di tutti i racconti di robot di Asimov è l'infallibilità del cervello positronico, ci vogliono svariate migliaia di pagine prima che in un robot, il cui cervello è stato modificato da una bambina che aveva avuto una trance ed è diventato telepatico, si sviluppi la legge zero che porta un robot innanzitutto a cercare di preservare l'umanità, e solo due robot, uno dei quali viene distrutto, avranno mai questa legge, in tutti gli altri casi i robot si attengono sempre, e ripeto sempre, alle leggi quasi fossero degli svizzeri tedeschi.
Il film somiglia a paycheck e minority report nel look, a tratti purtroppo anche ad artificial intelligence, a Terminator nei contenuti, somiglia in parte pure al ritorno degli umanoidi di WIlliamson (se qualcuno dovesse mai averlo letto), è facile, troppo facile, non c'è dramma, l'estetica è tutta nell'azione, la trama sembra presa da un nathan never di quelli riusciti
solo in parte; ciò nonostante non ne sono uscito insoddisfatto, i racconti di I, Robot non sono cinamatografabili, Asimov non lo è (fatta eccezione forse per i racconti per bambini di Lucky Starr che mi pare fossero stati pensati come sceneggiature per una serie di telefilm, e non dimentichiamo Viaggio Allucinante) quindi era ovvio aspettarsi una reinterpretazione, qui è stato stravolto tutto, il film in fondo sta ad Asimov come troy stava ad Omero, eppure non sento di gridare al sacrilegio, il film ha in fondo preso in prestito solo il titolo, l'idiota che ha scritto la sceneggiatura ci ha costruito sopra una trama più o meno casuale ma il propizio intervento di Willy, la scienziata bonazza e i ragazzi degli effetti speciali l'hanno reso uno spettacolo sostanzialmente digeribile.
E qui faccio un appello, se non avete letto Asimov fatelo così non dovrete mai più farlo, una sorta di catarsi letteraria per poter davvero apprezzare la fantascienza; tutti gli altri da Heinlein, a Dick, a Vance, a Herbert, a Gibson non avrebbero senso senza di lui.
Fuori dal ciclopico schema robot->impero->fondazione Asimov si è permesso di usare un po' di più la fantasia e ne sono usciti dei romanzi mica male, tra quelli di cui mi sovvengo ci sono Nemesis, La fine dell'eternità (a mio avviso una delle
cose migliori che abbia fatto), Neanche gli dei, e viaggio allucinante (c'è l'originale, molto datato ormai e una sorta di ripresa del tema che sa molto di epoca perestroika di cui non ricordo il titolo).
C'è tutto un ciclo di romanzi dedicati ai robot che invero sono forse la parte più divertente della monumentale opera che va (a volte con soluzioni di continuità un po' tirate per i capelli, diciamolo) da abissi d'acciaio (vero e proprio cyberpunk ante litteram) a fondazione e terra (con l'aggiunta dei vari preludi e anno zero visto che il finale new age di fondazione e terra non lasciava spazio ad ulteriori sviluppi), ad un tratto Asimov si sbarazza dei robot e rompe le palle all'inverosimile con le fondazioni, ma questa è un'altra vicenda.
Due sono essenzialmente le intuizioni/idee/fili conduttori di Asimov in questa sua fantastoriografia della galassia, le tre leggi del cervello positronico, e l'ineluttabile decadenza delle società che hanno risolto tutti i problemi pratici (decadenza "morale" per gli spaziali e dei loro utopici pianeti del ciclo dei robot, decadenza tecnologica per gli uomini del ciclo dell'impero, quest'ultima dovuta ad una tecnica troppo perfezionata che ha fatto in modo si costruissero macchinari capaci di funzionare senza intoppi per millenni e quando infine gli intoppi sono giunti nessuno era più in grado di ripararli), I, Robot parla delle leggi della robotica, o meglio I, Robot raccolta di racconti, perché I, Robot film non ne parla affatto.
Uno dei fondamenti di tutti i racconti di robot di Asimov è l'infallibilità del cervello positronico, ci vogliono svariate migliaia di pagine prima che in un robot, il cui cervello è stato modificato da una bambina che aveva avuto una trance ed è diventato telepatico, si sviluppi la legge zero che porta un robot innanzitutto a cercare di preservare l'umanità, e solo due robot, uno dei quali viene distrutto, avranno mai questa legge, in tutti gli altri casi i robot si attengono sempre, e ripeto sempre, alle leggi quasi fossero degli svizzeri tedeschi.
Il film somiglia a paycheck e minority report nel look, a tratti purtroppo anche ad artificial intelligence, a Terminator nei contenuti, somiglia in parte pure al ritorno degli umanoidi di WIlliamson (se qualcuno dovesse mai averlo letto), è facile, troppo facile, non c'è dramma, l'estetica è tutta nell'azione, la trama sembra presa da un nathan never di quelli riusciti
solo in parte; ciò nonostante non ne sono uscito insoddisfatto, i racconti di I, Robot non sono cinamatografabili, Asimov non lo è (fatta eccezione forse per i racconti per bambini di Lucky Starr che mi pare fossero stati pensati come sceneggiature per una serie di telefilm, e non dimentichiamo Viaggio Allucinante) quindi era ovvio aspettarsi una reinterpretazione, qui è stato stravolto tutto, il film in fondo sta ad Asimov come troy stava ad Omero, eppure non sento di gridare al sacrilegio, il film ha in fondo preso in prestito solo il titolo, l'idiota che ha scritto la sceneggiatura ci ha costruito sopra una trama più o meno casuale ma il propizio intervento di Willy, la scienziata bonazza e i ragazzi degli effetti speciali l'hanno reso uno spettacolo sostanzialmente digeribile.
E qui faccio un appello, se non avete letto Asimov fatelo così non dovrete mai più farlo, una sorta di catarsi letteraria per poter davvero apprezzare la fantascienza; tutti gli altri da Heinlein, a Dick, a Vance, a Herbert, a Gibson non avrebbero senso senza di lui.
Fuori dal ciclopico schema robot->impero->fondazione Asimov si è permesso di usare un po' di più la fantasia e ne sono usciti dei romanzi mica male, tra quelli di cui mi sovvengo ci sono Nemesis, La fine dell'eternità (a mio avviso una delle
cose migliori che abbia fatto), Neanche gli dei, e viaggio allucinante (c'è l'originale, molto datato ormai e una sorta di ripresa del tema che sa molto di epoca perestroika di cui non ricordo il titolo).
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