giovedì, maggio 18, 2006

The DaVinci Code (@imdb)


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e' una serie numerica che Antoine Arbogast comincio' ad usare in modo estensivo nelle sue ricerche un paio di secoli fa. In verita' Arbogast e' ignoto a chiunque non sia un junkie del wiki o sia capitato per sbaglio sul suo nome in qualche libro di matematica. La sua serie e' conosciuta piu' banalmente come fattoriale e spesso abbreviata con un semplice punto esclamativo.
Potrei proseguire ora per un paio di pagine ad elogiare tutte le qualita' di questa utile serie ed elucubrare estensivamente sul suo rapporto con la natura, con gli astri e con la distanza tra la terra e il cielo. La verita' e' che il fattoriale non se lo incula nessuno, cosa curiosamente non vera per un'altrettanto poco particolare serie numerica scoperta un mezzo millenio prima da un italiano figlio de il Bonaccione.

Gli stessi meccanismi socio-psicologici che rendono il sopraccitato wiki uno strumento informatico propenso alla dipendenza, fecero leggere a milioni di persone qualche anno fa un libro di discutibile interesse che ci ha provvisto in questi giorni di un film che merita d'esser visto per rendersi conto che l'entropia non e' una leggenda. Oggidi' l'uomo con la frusta e il cappello non e' piu' sufficiente a creare un film d'azione che sappia intrattenere il publico.
Il ruolo del fallace anti-eroe che ha accompagnato i protagonisti di film e libri negli ultimi 20 anni viene soppiantato dal piu' classico eroe senza macchia e senza paura.
Il protagonista odierno deve essere intelligente, acuto, erudito e soprattutto capace di spiegare in termini accessibili al publico la genialita' delle sue scoperte (we are but humble pirates...). Enter l'homo scholar che ritraccia i misteri di quando Gesu' facea le cose zozze con la Maddalena in un interminabile quanto improbabile caccia al tesoro.

Appoggiandosi sulla forza di due convinzioni:
- il publico e' ignorante
- il publico adora immedesimarsi in qualcuno che ignorante non e'
Ron Howard (Cinderella Man, A Beautiful Mind, The Grinch) ci propina 2h30 di film in un susseguirsi di enigmi e spostamenti.
Il film potrebbe durarne una in meno o dieci in piu', vista la sua struttura episodica. In ogni episodio i nostri eroi vanno in un luogo necessariamente conosciuto o per lo meno gia' sentito dal publico americano (cosa che a causa del primo assioma riduce il ventaglio di luoghi possibili a Parigi, Londra e la Banca di Zurigo), si trovano di fronte ad un complesso enigma, lo risolvono e partono per la prossima destinazione. Prima che possano partire, il cattivo arriva ed i nostri eroi sono costretti a darsela a gambe levate.

Apparentemente il miglior menu per il cattivo perfetto e' prendere darth maul, metterlo in candeggina e dargli un pendente per l'autolesionismo. Da quando Mel ha messo in croce il messia, le ferite sanguinanti sono facilmente associabili alla religione e aiutano il publico a capire che il cattivo in verita' e' anche un po' fuori di testa.

Aggiungete un poliziotto che sembra buono, ma poi sembra cattivo, ma poi sembra buono, per poter includere qualche scena d'inseguimento (la processione di monaci con i forconi sarebbe forse stata un po' anacronistica) ed avete tutti gli elementi necessari per un film che si guarda in verita' abbastanza volentieri. Mettete 5 minuti di grande tensione orchestrale per la sequenza finale ed avrete un publico che uscira' in contemplativo silenzio dalla sala prima di rendersi conto che in verita' non e' successo un granche'.

L'unica vera pecca di questo film e' che cerca per 2h30 di essere serio, senza avere uno straccio della maestosita' del Nome della Rosa e poco piu' di una spolverata dell'umorismo di Indiana Jones.
Tom Hanks e Audrey Tautou riescono a non far precipitare i gia' poco credibili personaggi principali e un Jean Reno che per una volta non brilla in modo particolare gioca il ruolo dell'uomo della polizia un po voltagabbana. Una nota di merito a Paul Bettany (l'amico immaginario di John Nash in a Beautiful Mind) che riesce a rendere il cattivo incappucciato l'unico personaggio veramente interessante del film.

E se non avete letto il libro, la trama puo' quasi risultare interessante.

Valutazione: ***

sabato, maggio 06, 2006

Get rich or die Tryin' (@imdb)


Curtis Jackson, anche conosciuto 50 Cents, protegé di Marshal Mathers IV, anche conosciuto come Slim Shady, anche conosciuto come Eminem, si dedica alla settima arte, del come si parlera nelle righe a seguire.

Il suo mentore si era prodotto nel potenzialmente autobiografico 8 miles, con risultati più che discreti. Dico potenzialmente autobiografico in quanto il film era in buona sostanza compatibile con l'immagine che Eminem dava di sé nelle sue clip. Il fifty cerca di ripetere l'operazione ma ahimé il voler essere coerente con la sua videografia lo costringe ad una performance cinematografica sensibilmente inferiore a quella del suo pigmalione.

Ovvero Get Rich or Die Tryin' è una collezione dei luoghi comuni che oltre un decennio di MTV ha potuto creare riguardo alla figura del gangsta rapper.


Ma veniamo alla storia, che benché non fosse strettamente necessaria all'operazione, qualcuno si è preso la briga di inserire nel film. Mamma Cents è una ragazza madre che si guadagna da vivere nel magico mondo dello spaccio. Malgrado la professione sia piena di incertezze e comporti orari di lavoro irregolari, ella è molto amorevole ed attenta con il figlio. Spesso e volentieri si appoggia all'aiuto dei genitori cui lascia in affidamento il giovane Fifty allorquando deve lavorare la sera. Il rapporto con i genitori della signorina Cents sono alle volte tesi in quanto le di lei scelte professionali non vengono apprezzate.
Il piccolo Fifty è contento di stare dalla nonna anche se i suoi zii/cugini gli stanno immensamente sulle balle. Nel quartiere vive infatti una ragazzina modello tizia da video hip hop da piccola con cui usa giocare al dottore.

Un giorno mamma Cents ci lascia le penne. In seguito ad un battibecco con dei colleghi si ritrova con dei buchi supplementari nella testa ed il cervello sparso sul parquet della sua casa da associate dealer. Il giovane Fifty si ritrova orfano e va a vivere con i nonni.

La convivenza con i nonni è difficile. I suoi cugini/zii sono dei maledetti intolleranti che reagiscono malamente alle manifestazioni della sua simpatica personalità di superviziato figlio di spacciatrice con scarpe da basket da 300$ a paio. Verificata l'incompatibilità con il vivere in una casa piena di gente si trasferisce nel capanno degli atrezzi. Dove in breve diventa un pezzo dimarcantonio con addominali scolpiti e parlantina da rapper farfugliante.

Da qui via si svolge la parte topica della trama, ovvero il nostro che scala le gerarchie dello spaccio, che reincontra la sua morosa delle elementari che nel frattempo si era fatta superbbona e che al rivedere il Cents abbandona la sua vita fatta di college e impegno sociale per mettersi assieme al mo pimpish indatown.

Un presunto elemento di approfondimento dovrebbe essere l'ossessione del Fifty con la figura del padre che non ha mai conosciuto e riguardo la quale ha in mano elementi pressoche nulli per poter in qualche modo sperare di identificarla (che mamma cents sia stata una che la faceva andare come le raganelle i tifosi allo stadio di certo non aiuta). Elemento più che altro presunto ma che vorrebbe fare da filo conduttore di tutto il film fino al finale tragimoralista cui MTV non ha saputo risparmiarsi, forse a mo' di disclaimer alla "we don't endorse crack dealing and pimping".


In breve: il film è una somma di luoghi comuni, e ciò non di meno qualche pregio se lo porta pure appresso. Il Fifty non convince davvero ma neppure è tanto disastroso quanto uno si sarebbe potuto aspettare sulla scorta delle sue clip. L'avventurarsi in un ruolo dai contorni drammatici è una palese forzatura, avesse tirato Snoop Dogg nella partita e avessero girato assieme una commedia in cui se ne andavano in giro carichi di ninnoli in princisbecco a yoyoare ne sarebbe uscito meglio. Non so dire se il ragazzo qualche numero nascosto ce l'abbia, può darsi, ma per poter davvero esprimere qualche cosa dovrebbe andare oltre al fare il moniggaindahood, che a dirla tutta suona molto artificioso e ad uso e consumo dei suoi fan più sprovveduti.

In realtà l'anello davvero debole della faccenda è un cattivo assolutamente non all'altezza. Questo, e il fatto che alla fine, di riffa o di raffa, il Fifty abbia comunque da diventare un rapper, sono gli elementi che più ridicolizzano lo sforzo drammatico che il film cerca altrimenti di fare.

Concludendo: se non sei Spike Lee certe cose non farle, hai qualche manciata di milioni di $ e un star dell'hip hop sotto mano? Meglio tu faccia un altro Soul Plane, il mondo ne uscirà come un posto migliore.

Valutazione: *** (per guardarlo lo si guarda pure)

P.s.: Malgrado il nome, 50 Cents non ha nulla a che fare né con Tony Curtis né con il Principe de Curtis, che comunque tra di loro non c'entrano. Bella forza mi direte, Curtis è nel primo caso un nome e nei seguenti un cognome. Era solo una scusa per poter citare qualche nome cinematograficamente un po' più significativo. Ovviamente non c'entra nella neanche con Jamie Lee Curtis, visto che quest'ultima è la figlia di Tony. Divagazione conclusa.