giovedì, marzo 31, 2005

The Hostage

I trailer promettevano un Bruce Willis all'antico modo, sudato, sanguinante ed in canotta mimetica di due misure troppo strette ridotta ad un cencio entro la metà del primo tempo, ed entro certi limiti il film non disattende le aspettative di colui che considera L'ultimo Boyscout il più grande dei film Hollywood abbia mai creato, Die Hard l'unica delle trilogia e il disintegrato dalla critica Hudson Hawk una tutto sommato illuminata opera.

Bruce è (guarda caso) negoziatore di punta degli SWAT di Los Angeles, forte di una disinvoltura che si adorna di sicumera lascia che un piuttosto banale caso di andato a male sull'orlo della crisi di nervi sfoci nel bagno di sangue.
Profondamente toccato dall'esito avverso della vicenda l'inossidabile Bruce decide e di eliminare la sua improbabile capigliatura da Zz Top sulla via dell'ingrigimento e che la sua catarsi avrà da svolgersi in una sperduta località montana della California.

Moglie e figlia, vogliose di tutto fuor che di vivere nel borgo dimenticato da Dio in cui il Willis ha deciso di ritirarsi a fare la pace con il cosmo fanno le Wochenaufenthalt a Los Angeles e sono vivamente preoccupate dal vacillante stato del matrimonio del Bruce e della sua anonima bruna moglie dall'occhio ceruleo.
Visto e considerato che alla luce della Demi ingravidata da Ashton il teenager il menage famigliare del Bruce del mondo reale è assai più piccante e coinvolgente di quanto finora proposto dal film, lo sceneggiatore, o chi per egli, ci propone prontamente una serie di nuovi "amici" che per la gioia del pubblico pagante movimenteranno il resto della vicenda.

Dapprima viene introdotto un contabile con l'hobby del riciclaggio, vedovo, e con due figli che sono rispettivamente una versione più teeny di Tora Birch e un emulo incattivito di Dennis la Minaccia.
La simpatica famigliuola vive in un'eccentrica dimora incastrata in una parete rocciosa e che a fianco di un sistema di sicurezza che a saperlo quelli di Fort Knox ci trasferirebbero lì l'oro, vanta di misure anti incendio tanto scarse che piuttosto la SUVA ti manderebbe a giocare coi raudi in una raffineria.

A rompere l'idillio alla Mtv Cribs del riciclatore e figli (e a motivare la presenza del Bruce nel film) ci pensa un gruppetto di tre imbalorditi del luogo, ladri di polli wannabe, che decide sia sensato andare a rapinare in questa bizzarra abitazione.
Abili più nel crear pastrugni che nel rubare i tre riescono in men che non si dica a far precipitare la situazione, la polizia interviene in massa e a rendere il tutto più esplosivo ci pensano i datori di lavoro del contabile/riciclatore decidono di fare pressione su Bruce affinché questi risolva per loro la situazione.

Inutile dire che a questo punto la trasformazione della bucolica località rupestre in un infuocato miasma in cui il Bruce possa giustificatamente andarsene in giro sporco e sanguinante è praticamente ultimata; da qui via il tutto è un gran pianger e strider di denti, i deboli soccombono, i malvagi, ma che davvero malvagi sono, si riscoprono essere discendenti diretti del corvo e di un qualche alieno mutante ninja, la tensione crescie, la tragedia è dietro l'angolo ma Bruce, latente eroe costretto al volontario confino dal rimorso, quasi un deus ex machina arriva sempre a togliere le castagne dal fuoco.

Il risultato: qualcosa di divertente, il Willis sebbene non sia mai il superuomo sempre prossimo all'illuminarsi di immenso cui ci si era abituati nei primi '90 offre in ogni caso una più che onesta prestazione; tutto il resto? Fronzoli questo Hostage è un one man show e Bruce n'è l'indiscussa star.

Per intenderci nessuno verra messo alla berlina per eccesso di creatività a causa di questo film, ciò non di meno il discepolo del Willis non uscirà dalla sala deluso.

martedì, marzo 15, 2005

The Perfect Score

Kyle e Matt sono due liceali che un giorno fanno un brutto incontro con il SAT, test a crocette atto a quanto pare a segnare indelebilmente il destino del giovane americano.
Purtroppo per loro scoprono di essere più rimba di quanto pensassero e questo minaccia la piani per il loro avvenire, uno vuole fare l'architetto, l'altro vuole andare a studiare dove c'è già la sua morosa (gran piano questo), ma visto che si sentono dei duri a morire si impongono di fare qualcosa per ovviare all'annosa situazione.

Sono a due settimane dal test di recupero ma lo studiare par essere fuori discussione, tentano di andare a reclamare alla supercorporazione dei test scolastici (devo confessare che il perché la ditta che fa i test a crocette dovrebbe avere palazzi in ogni città d'america non l'ho mica ancora capita) dove vengono rimbalzati alla porta, infine decidono di rubare le domande del test che verrà.

Provano a rivolgersi a Francesca (Scarlett Johanson), figlia del padrone del palazzo in cui la supercorporazione dei test scolastici ha la sede cittadina, la quale oltre ad essere vergognosamente ricca è anche piuttosto inacidita con il mondo perché suo padre invece di elargirle paterno affetto preferisce spendere il suo tempo libero bottandosi squillo ad alta qualità.
Francesca pur dimostrandosi di primo acchito poco entusiasta del non ancora davvero escogitato piano dei nostri due, decide di essere anche lei della partita, non fosse altro perché la cosa pare potenzialmente divertente.

In una serie di goffamente rocambolesche mosse gli pseudo cospiratori in erba si vedono accidentalmente costretti a coinvolgere nel loro piano una serie di bizzarri personaggi nel loro piano.

Dapprima Kyle non trova niente di meglio che andare a raccontare del suo astuto quanto ancora nebuloso piano ad Anna (Elena Christensen, già figlia andata a male di Michael Douglas in Traffic), prima della classe andata in palla durante l'esame e con quel tipico look da brava ragazza dietro il quale più d'uno si convince si nasconda una gran porscelenta, questa va seduta stante a raccontarlo al suo miglior amico, astro nascente del basket la cui mamma non vuole che vada direttamente a fare i milioni nell'NBA ma pretende che prima faccia l'università (e che visto che era bravo a giocare a palla nessun professore gli ha mai chiesto nulla e non ha mai imparato nulla).

Kyle e Matt si accorgono che la situazione stà sfuggendo di mano e nella loro infinita lungimiranza trovano sensato discuterne nei bagni della scuola e si fanno così sentire da Roy, cinese cannaiolo seriale che nel suo pascolare strafatto per la scuola non è mai riuscito a tirare assieme grandi risultati; questi pur essendo stono non è così rincretinito da non subire il fascino della bella scoperta che fare un test sapendo già le risposte è più facile che senza, e decide di volere essere anche lui parte dell'operazione.

Inutile dire che le personalità dei sei sono tra loro molto variegate e spesso poco compatibili, comunque il film non si lascia trascinare troppo sullo psicologico; ad un certo punto, sul nascere di una discussione, Scarlett Johanson fa notare che a litigare, fare pace e condivedere vicendevolmente paturnie rischiano di finire a fare il Breakfast Club, e su questa battuta l'ombra del riflettere sul "o ma guarda come siamo in fondo tutti simili pur essendo tutti diversi" che poteva potenzialmente andare sul tormentante si spegne definitivamente.

Il film è palesemente una commedia, un po' più intelligente delle commedie sceme, ma questo non è un gran criterio maggiorante, divertente ma non demenziale; le menate psicologiche paiono stare lì a bella posta, risplendenti di banalità, solo per dimostrare che tutti hanno segreti e lati più o meno oscuri e quindi tantanvar star lì a menarsela più di tanto.

La scrittura è più che passabile, non priva di qualche guizzo (davvero apprezzabile ad esempio il monologo del cinesino a proposito di Street Fighter 2). Qua e là si ha qualche riferimento a film importanti che pur non aggiungendo nulla risultano simpatici.

A tratti può parere un attimino buonista-moralista, a mio avviso in modo più che altro utilitarista, giusto per far finta di non promuovere l'imbroglio scolastico, un po' alla "don't steal the music" delle pubblicità dell'iPod, la prossima volta metteteci un bel disclaimerino del genere "don't try it at your school" e non fate nemmeno finta, p.f.

In ultima analisi si tratta di un film divertente e nella sua completa futilità sufficientemente intelligente da non essere mai gratuitamente cretino, non male per un teen movie.

lunedì, marzo 07, 2005

Dodgeball

Per quanto un film sulla battaglia a due campi non può che sembrarmi che un doveroso tributo a questo meraviglioso gioco che è stato parte della prima giovinezza di tutti noi (almeno fino a quando l'aumentata forza fisica data dal crescere non ha finito per renderlo improponibilmente pericoloso) devo ammettere che questo Dodgeball convince solo fino ad un certo punto.

Ben Stiller, la cui personalità cinematografica presenta un imprecisato ma apprezzabile numero di lati oscuri, sapientemente coadiuvato da colei che nella vita reale è sua moglie e dal buon vecchio Vince Vaughn (tutto sommato una sicurezza) ha creato un film che non ha né capo né coda e che vive di alcune trovate piuttosto riuscite e di un gran numero di espedienti più o meno gratuiti.

Veniamo al in buona sostanza inesistente plot.
Ben Stiller è il facoltoso proprietario di una scintillante palestra, crocevia di ipervitaminizzati con abbronzature che ululano al melanoma ed in odore di abuso della chirurgia plastica tanto che da quelle parti Micheal Jackson verrebe probabilmente considerato uno che si è fatto forse prendere un attimino la mano ma che nulla ha fatto di poi così esagerato.
La palestrina di stampo pauperista di Vince Vaughn è invece punto di riferimento per esemplari viventi della più parte delle turbe psichiche per le quali medico abbia mai escogitato nome.

Vince Vaughn, il cui motto suona come "se non hai alcun obiettivo raramente verrai deluso", a fianco di uno stile di vita da videodipendenza da televisione trash, ha una gestione tanto caotica delle sue cose amministrative che quando l'improbabilmente supersexy avvocato della banca, che egli sospetta dapprima essere un regalo di compleanno, gli comunica che se a brevissimo non troverà una considerevole cifra di denare per cominciare a pagare i molteplici debiti da cui è oberato la palestra gli verrà prontamente confiscata, lo coglie cascante dalle nuvole.

Dopo una serie di goffe nonché malcongeniate iniziative dagli esiti pressoché nulli Vince e un'accolita di pariah del fitness per i quali la rugginosa palestra è un fondamentale punto di riferimento decidono di creare una squadra di dodgeball e di cercare di vincere il campionato nazionale, il cui premio guardacaso consentirebbe proprio di pagare i debiti.

Il resto della trama è tanto scontato da rendere superflua ogni qualsivoglia descrizione.

Tutto sommato il film è divertente, non particolarmente intelligente invero ma sempre meglio di una picconata negli stinchi, Ben Stiller non è nella più smagliante delle sue forme ma sento di dire che si difenda, il profondo disprezzo che gli viene palesato dalla protagonista femminile del film (la stessa di Zoolander, piccolo capolavoro questo, forse un po' incompreso) risulta più divertente se si sa che i due nella vita reale sono marito e moglie. Vince Vaughn sebbene non sia una superstar si difende; come attore gli va anche riconosciuto che accanto a ruoli in produzioni comico/demenziali quali questa è comunque riuscito a ritagliarsi qualche parte in altri generi di film, e si sa che la versatilità non è un male.

Facendo propria la filosofia del Vince Vaughn del film è consigliabile non farsi aspettative d'alcun genere riguardo questo Dodgeball, e così facendo si rischierà di finire col uscirne non delusi.