martedì, settembre 27, 2005

Face Addict (@imdb)

Opera personale del ticinese Edo Bertoglio.

Il documentario girato in prima persona è un viaggio tra i superstiti dell'underground artistico newyorkese orbitante tra la fine degli anni 70 e gli inizi degli 80 attorno alla Factory di Andy Wahrol, autentica fucina di talenti, ma che altresì ne ha ammazzati più del colera.

Bertoglio, fotografo e regista nella New York dell'epoca e che di quel contesto ha fatto parte fino in fondo, viaggia con un mazzo di fotografia, visita gli amici dell'epoca e da questi incontri nasce l'informale ricostruzione di quel che fu quell'esperienza.


Il quadro che ne esce racconta di come fosse un momento di grande creatività, in cui non vi era l'onta di provare nulla e in cui il successo era non solo non cercato ma anche qualcosa con cui non si riteneva di dover fare i conti. Di come quel contesto fosse il punto di ritrovo di tre decenni di artisti meledetti. Di come in modo più o meno casuale l'ultimo sbarcato nella grande mela potesse in capo a pochissimo ritrovarsi parte di questa scena che tanto creava quanto consumava persone. E infine di come il successo arrivò, grande e repentino, e di come il successo abbia fatto si che gli occhi del mondo fossero puntati su quella che sarebbe poi stata una strage, che con il senno di poi si potrebbe dire fosse annunciata.

La parte finale del film parla dei drammatici percorsi dei reduci della scena newyorkese legati alla droga, che nel corso degli anni da fatto artistico collettivo si è trasformato in croce e tragedia dei singoli. L'approccio è autobiografico, e in questa parte i ruoli di intervistato ed intervistatore spariscono e quel che si ha sono in realtà persone che si raccontano della propria personale esperienza.

Il film non è sempre di facile comprensibilità, a volte l'accento è messo su elementi che al non insider, quale io sono, non riescono a sembrare sostanziali, temo sia il rischio insito nelle opere personali, ma ha il non indifferente pregio di avere capo e coda, cosa non scontata in questo tipo di operazione, e soprattutto si guarda con piacere ed interesse (il prerequisito è forse un briciolo di interesse e sensibilità per l'argomento, da parte mia ho riconosciuto solo Basquiat e Debbie Harry dei Blondie, tutti gli altri personaggi mi erano del tutto sconosciuti, questo non mi ha impedito di apprezzare il film).

valutazione: ***

Nota: se ritenete che Big Brother abbia un interesse sociologico e che il Codice da Vinci sia il più grande libro a memoria d'uomo NON andate a vedere questo film.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Come si spiega la locandina alla HELLBOY? Che è figlio anche lui della Szene Neworkese di cui racconta il documentario/film?

imperator ha detto...

La locandina è un quadro dipinto da Walter, uno dei protagonisti del film nonché già assistente di Andy Wahrol, e che a continuato lo stile di vita da superandatoammale per decenni, e in barba a logica e buon senso è sopravvissuto fino ad oggi. Il suo atelier è il deposito bagagli in cui stocca le sue tele.

Anonimo ha detto...

Bisogna ammettere però che la somiglianza c'è! Sono andato a vedermi *Die fantastischen Vier* e presto ne farò una recensione. Sempre che tu o il Franca non ne abbiate già una pronta nel cassetto. Poi mi gurado anche la *Fabbrica del cioccolato (di Willy Wonka)* ed il film con la Kidman che fa la strega. Se riesco recensisco anche questi. Beh, forse dopo le vette auliche toccate dalle tue ultime visioni, contribuirò ad abbassare il livello di questo Blog. Ma in questo Blog trova spazio il trash holiwoodiano ed indirettamente l'avanguardismo visionario ed antico di F. W. Mornau (indimenticato maesto).

imperator ha detto...

Per metterla alla Lex Luthor

c'è chi legge guerra e dice che è soltanto un libro e chi trova la verità sulla carta di un cioccolatino :)

Anonimo ha detto...

Ciao Imperator
grazie del commento al mio film Face addict!
Davvero non hai riconosciuto John Lurie?
Trovo che sia invecchiato bene, e quella voce!!!
Non vorrei sembrare un saputello ma John era i Lounge Lizards che suonarono in Italia diverse volte. Poi era in Down by law di Jarmusch e con Benigni e Tom Waits (e anche in "Stranger that paradise" sempre di Jarmusch).
Il film apre a Bologna a fine gennaio e a Roma metà febbraio semmai voleste mandare amici a vederlo.
Grazie ancora!
Edo
PS Da 2 mesi Walter ha un appartamento a Brooklyn. Il primo SUO appartamento nella sua vita! Fatica a pagare l'affitto ma ci siamo impeganti a vendere i suoi quadri qui in Europa e questo lo stà aiutando (un po').

imperator ha detto...

Grazie del post, non immaginavo che i miei commenti arrivassero tanto lontano ;)

Sul tuo film ero capitato per caso, accompagnando un amico, Claudio, che era stato tuo allievo al cisa, ed è stata una sorpresa, credo non sia scontato uscire contenti dalla racconto di un dramma.

È bello sentire di Walter e sapere che le speranze, in mezzo agli interrogativi, della fine del film vivano oltre la pellicola.

Non conoscere John Lurie, prima ancora di non riconoscerlo, null'altro è che ignoranza da parte mia.

Segnalerò il film a mia sorella che vive a Roma, a Bologna temo di non conoscere nessuno.