lunedì, gennaio 30, 2006

Munich (@imdb)


Vi era una volta il più grande regista di blockbuster del mondo, faceva squali ed incontri ravvicinati, faceva gli extraterrestri, con lui falegnami convertiti alla fantascienza diventavano archeologi ed entravano alti nel firmamento Hollywoodiano. Era un uomo che trasformava in oro tutto ciò che toccava, faceva film per divertire, e ci riusciva alla grande.

Poi una fase più impegnata, forse un po' in pericolo di buonismo, e via a raccontare di guerre, miserie ed umanità nei vari Impero del sole, Amistad, Schindler's List e via dicendo. In parallelo una fase di trash da lucro, e passi ancora Hook, per il mastodontico cast più che altro, ma di Jurassic Park e sequel e di sporcarsi le mani con i Flinstones si faceva fatica a capirne il senso.

In seguito Steven ci riprova con la fantascienza, ed ecco che appare Artificial Intelligence, leggenda vuole sia un soggetto affidatogli da maestà Kubrick in persona, asetticamente estetico e che non racconta nulla, Minority Report, che da un geniale raccontino di Dick si trasforma in una Johnny Mnemonic con dieci volte il budget e un terzo delle idee, e un Guerra dei Mondi che a trattarlo coi guanti si può dirne che lascia il tempo che trova.

Ovvero, il fu re di Hollywood è da un pezzetto che via che far aggrottar sopraciglia fa poco altro.


Nel filone "the world according to Steven" si infila questo Munich, ricostruzioni dei tragici avvenimenti delle olimpiadi del '72 e delle sue conseguenze.

In seguito all'attacco palestinese alla delegazione israeliana alle olimpiadi di Monaco, e alla successiva morte di 11 persone, tra alteti e staff, il governo israeliano decide di applicare l'antica regola dell'occhio per occhio e di eliminare 11 personalità palestinesi di cui si sospetta il coinvolgimento con l'organizzazione dell'attentato.

Il film segue le vicissitudini di Avner (Eric Bana, l'australe dagli occhi tristi dopo Hulk e Troy è altresì detto l'uomo giusto al posto sbagliato) agente del Mossad di basso livello cui viene dato l'inarico di consumare la vendetta, e di farlo senza che sia possibile alcun collegamenteo con il governo.

Il film, tra l'altro di lunghezza notevole, è festa di luci ed ombre. Da un lato vi è una ricostruzione dell'Europa dei primi anni '70 di sicura efficacia, per quanto mi possa esser dato di giudicare (in prima persona non l'ho mai vista, per ovvie ragioni anagrafiche), dall'altro il tentativo fallito di rappresentare dubbi, certezze e debolezze dei vendicatori che diventano vittime del loro ruolo.


A raccontare di persone Steven non è mai stato bravo più di quel tanto... grande estetica, maestose ricostruzione e una cinematografia impeccabile, questo sì, ma l'umanità non emerge, e nemmeno traspare, e questo rende il film a tratti debole. Insomma un romanzone alle Ken Follet.

La pecca è che c'è troppo e di tutto e l'ottimo cast (tra gli altri Geoffrey Rush, Kassovitz, il già Cesare in Rome Ciarán Hinds) ha alla fin della fiera troppo poco spazio per permetter all'umanità dei personaggi di emergere.

Si aggiunga a questo il fatto che lo sviluppo della vicenda verte attorno ad un gruppuscolo di naturfreunde anarco-eversivi germogliato dalla resistenza francese nella seconda guerra mondiale, di cui viene detto poco niente e che si accolla tutto il lavoro difficile, tanto che agli undercover del Mossad è sufficiente andarsene di tanto in tanto a Parigi a recuperare nome e residenza del prossimo terrorista da spedire a far comunella coi lombrichi.

Non va tra l'altro trascurato il dettaglio che in mancanza un minimo interesse nella storia recente, il film rischia di scivolare nel noiosetto.

A dirla breve non manca nulla salvo quel qualche cosa in più.

Valutazione: ****

giovedì, gennaio 26, 2006

Farewell Eddie il Bello

Ok, è il fratello minore del grande Sean, minore di età e minore di fama! Però a me è sempre piaciuto, anche se non ha quasi mai nei suoi passa 50 film interpretato la parte del protagonista. È Chris Penn e purtroppo è morto ieri. Questo vuole essere un modesto ultimo saluto a un attore che la maggior parte della gente non ricorda di aver mai visto, ma che ha avuto lampi di genio e interpretazioni degne di nota in molti film, in pellicole che sicuramente il pubblico ricorda e che sono state a volte rese grandi anche dalla sua prestazione. Non ha avuto la fortuna di Sean, non ha vinto l’Oscar come lui, ma altri della famiglia Penn, tutti artisti, non l’hanno avuta. Insomma viene considerato il fratello sfigato del Sean, ma per me è un grande ugualmente.

È impossibile dimenticare Eddie il Bello de “Le Iene” oppure lo schizofrenico Chez de “I fratelli” (“The Funeral” di Abel Ferrara, 1996). Come tanti attori della sua generazione diventati poi famosi anche Chris è stato lanciato dal film “Rusty il selvaggio” (“Rumble Fish” di F.F.Coppola, 1983) al fianco di Matt Dillon e tanti altri. Ha poi fiancheggiato un giovanissimo Tom Cruise in “Il ribelle” (“All the Right Moves, 1983) e l’anno dopo Kevin Bacon nel mitico “Footloose”. Proprio come quest’ultimo, che è sicuramente più conosciuto dal grande pubblico perché più volte protagonista, non ha mai fatto il grande salto che sono riusciti a fare i suoi compagni dei primi film. Si è lanciato però in una brillante carriera da comprimario con picchi di bravura appunto nei due film citati sopra. Con Tarantino ne “Le Iene” non fuoriesce dal coro di quel gruppo di ottimi attori che ha interpretato il film, ma la sua performance resta significativa. Ne “I fratelli” è al fianco di Vincent Gallo e Christopher Walken, e non solo è alla loro altezza, li sovrasta letteralmente con una prova che gli vale il premio quale migliore attore non protagonista al festival di Venezia del 1996. In questo film è il classico italo-americano affranto dalla morte del fratello con il quale dominava la malavita locale. In un flashback delle gozzoviglie che i due si sparavano, tutto porno-droga-sesso-alcool, per poco non massacra una ragazzina candidata puttanella perché è troppo giovane. Nel mitico finale del film invece, a causa di una specie di concezione un po’ troppo deviata dell’amore per la “famigghia”, fa un macello. Ci regala inoltre grandi monologhi.

Anche in altri film è spesso un gangster, che è il suo ruolo ideale. È un ottimo cattivo, un cattivo da sparatoria ravvicinata, come nella stupenda scena finale di “Una vita al massimo” (“True Romance” di Tony Scott (sceneggiatura Tarantino), 1993 con C. Slater e altri). Poteva benissimo incarnare il boss Tony Soprano dell’omonimo telefilm, lo stile è quello, forse ancora più violento. Ma è più tirapiedi che capo, è più quello che fa il lavoro sporco, che elimina gli incomodi, un Donnie Brasco carriera natural durante. Anche quando fa il poliziotto è un duro ed è uno scagnozzo di Nick Nolte assieme a Chazz Palminteri e Michael Madsen, un gruppo speciale di sbirri – la “Hat Squad” – nella Los Angeles anni ’50 decisi a usare le buone o le cattive per sapere la verità sulla morte di Jennifer Connelly in “Scomodi Omicidi” (“Mulholland Falls”, 1996).

Ultimamente è apparso in “Rush Hour”, “Starsky&Hutch” e in “After the Sunset”, che – lo dico tra parentesi, ma indignato – NON è il sequel di “Before the Sunset” come scrive il Corriere del Ticino di oggi (26.1.2006). “Before Sunset” (senza “the”!) con Ethan Hawke e Julie Delpy è il romantico sequel del romantico “Before Sunrise”, invece “After the Sunset” è il film con Pierce Brosnan e Salma Hayek che rubano gioielli sullo sfondo dei Caraibi.

Ecco, solitamente era Chris a chiudere un film con una qualche sparatoria o una qualche esecuzione, era lui a spegnere la vita ai suoi avversari cinematografici, adesso è arrivato il suo turno, ma nella vita reale. Adios Chris. Farewell.

Io l’ho sempre visto e apprezzato come Chris Penn, non come fratello-di-Sean-Penn, per questo motivo ho scritto queste due righe di congedo.

sabato, gennaio 14, 2006

The 40 years old virgin (@imdb)

Il quarantenne Andy è vergine, ma questo è in realtà l'ultimo dei suoi problemi, non ha amici, non ha vita sociale, passa il suo tempo libero a fare il teenager geek senza internet, altrimenti è commesso all'interdiscount di un megamall di Nowehere USA. Ha la collezione completa dei GI Joe e dei Masters, e quando colora le miniature di Warhammer (che poi non usa perché non conosce nessuno) ci parla spesso e volentieri.


Tra l'altro non ha la patente e va a lavorare in bici, il che in una città infestata dai Naturfreunde come Zurigo non farebbe batter ciglio a nessuno, ma negli Stati Uniti del Giorgio Dabiu Cespuglio è cosa che neanche il peggio pariah.

Un giorno qualunque alcuni colleghi che solitamente diffidano di lui perché immaginano possa essere un serial killer, lo invitano a giocare a poker, e ridendo e scherzando vengono a conoscenza della sua illibatezza. Anche se prima di allora non gli avevano mai dato a trà per più di quattro secondi di fila questa rivelazione lo rende subito interessante e Andy entra in una fase simile a quella che vive un cagnetto appena viene portato in una nuova casa in cui tutti fanno a gara per occuparsene (fortunatamente per Andy l'epilogo non sarà venir abbandonato all'autogrill perché non lo si vuole portare in vacanza con sé), e la prima cosa per cui si adoperano è far sì che tutti al mega mall lo vengano a sapere.


Andy è dapprima seccato che la sua personale vicenda sia oggetto di vociare, scherno pubblico e di morbose attenzioni femminili, che non poco somigliano al voler toccare la gobba al gobbo perché porta fortuna. Poi però, di fronte al sincero interessamento nei suoi confronti da parte dei suoi colleghi, si lancia con loro in una sorta di vita da adolescente alcolista con potere d'acquisto.

Il redivivo Andy incontra una pletora di donne dalle evidenti turbe psichiche (in genere ninfomani o alcoliste o entrambe le cose) che nel magico mondo della suburbia escogitata ad hollywood guardan fuori tutte che al confronto le top model son qua cozze bene. Sceneggiatura vuol tuttavia che da questi incontri non scaturisca nulla di buono.


Casualmente il nostro incappa in Trish (Catherine Keener, già vista in Being John Malkovich), potenziale archetipo del white trash, che una volta la dava via come il pane ma oggi giorno vuole l'approccio sensibil/casto/buonista. Andy che ha l'ansia da prestazione si dice d'accordo con l'approccio alla prima conosciamoci meglio, e i due si lanciano in una noiosissima relazione di andare a mangiare in ristoranti di categoria medio-bassa (stanno in una scialba periferia e sono proletari dopo tutto) e limonare duro sul divano della casa di lei quando i di lei figli stanno per rientrare in casa.

Un dettaglio curioso è che l'attività di lei è avere un negozio in cui la gente porta le cose e queste possono essere acquistate su ebay ma non nel negozio stesso, non sono ancora stato in grado di stabilire se questa sia una trovata muffosamente stantia o un assoluto colpo di genio, urgerà meditare ancora.

Il prosequo una serie di vicende biecamente scontate, poi vissero tutti felici e contenti, che caschi il mondo il II di questo film non lo fanno.

In realtà il film è meno peggio di come, a rileggere le righe sopra, mi pare di averlo dipinto finora. Alla banale vicenda, che viene costellata da vomitosamente banali situazione, una sorta di collezione di cliché di cliché, s'accompagnano dialoghi ad ogni buon conto abbastanza brillanti e un cast che interpreta gli stereotipati personaggi in modo piuttosto simpatico. Alla fin della fiera qualche sincera risata questo film la strappa.

In breve un film di spassosa inutilità.

Valutazione: ***

Ad oggi si dibatte se Plan nine from outer space sia un'assoluta vergogna partorita da un poro bao senza mezzi e con un decadente pazzoide che credeva di essere un vampiro nel cast, oppure l'opera sumprea di una mente troppo geniale perché i suoi contemporanei la capissero.
Dubito che a The 40 years old virgin possa capitare una cosa analoga frà una quarantina d'anni, ma magari a linea di confine sì (non c'entra nulla ma mi andava di dirlo).

martedì, gennaio 10, 2006

L'anno che già corre

Non ho fatto nessun post di capodanno in quanto e non avevo nulla da dire e avevo altro da fare, all geek-o-meter di fine anno contribuirò l'anno prossimo (forse).

Periodo di stanca dopo le feste, poca ispirazione, poco cinema per quel che mi riguarda, pure poca televisione aspettando che il 2006 porti la conclusione della saga dei Soprano's, la seconda stagione di Rome, e quant'altro. La televisione nazionale ci omaggia di Lost, cosa assai poco motivante in realtà, visto e considerato che ad oggi l'hanno vista anche i paracarri, e se alla prima visione il lentissimo ma inesorabile evolvere delle situazioni è deliziosa tortura che non permette di staccarsene, una seconda visione da pochi stimoli (pure le grazie di Evangeline Lilly di cui si viene più spesso che di rado voyeuristicamente omaggiata motivano solo fino ad un certo punto).

Ai pochi che non dovessero averlo ancora visto non si può che consigliare l'ottimo The Constant Gardener dal quale, se non guardato con troppa faciloneria, si può trarre anche qualcosa di utile.

Il nuovo anno ha portato a maggior sapere tecnico al vicino/a di casa tramite il cui access point non protetto navigavo internet da alcuni mesi, che infine ha fatto suoi concetti come password e limitare l'accesso, indi per cui al momento casa mia è ai margini del villaggio globale. Medito e rimugino e penso che a breve mi toccherà prendere provvedimenti, ma per ora questo è lo stato delle cose.

A breve Balmy se ne torna a vivere tra i palmizi del quai del Ceresio, il che essendo le vie dell'internet arduamente numerabili non comporta cambiamento alcuno per questo blog (salvo che ora i film se li dovrà vedere al cinestar con date d'uscita da Africa Subsahariana, vorrà dire che se/quando sarà arrestato per p2pismo gli si porterà arance alla Stampa), ma spoglia questa città di un personaggio di spessore. Ma che dire, si è ahimé tutti naufraghi nelle correnti dell'inesorabile divenire. Buena suerte Balmy.

Ed infine come non rispettare la tradizione elvetoteutonica di farsi gli auguri di buon anno fino a marzo inoltrato in caso non ci si fosse incontrati prima un buon 2006 a tutti.